martedì 30 aprile 2013

Solidarietà a Giorgio da parte dei compagni e compagne del piemonte


30.4.2013 No al porcellum sindacale
di Giorgio Cremaschi



Nella mia lunga esperienza sindacale non mi era mai capitato di vivere in prima persona la scena madre del film 'L'uomo di marmo'.. Ora mi è successo.
Ero sfuggito alle maglie strette della selezione preventiva di coloro che avevano diritto a partecipare alla riunione degli esecutivi CGIL CISL UIL. Su circa 150 persone ero la sola in dissenso con la proposta sulla rappresentanza illustrata dalla relazione di Bonanni.
Ho pertanto presentato la mia regolare richiesta di intervento, a cui non ho avuto alcuna risposta da una presidenza che guardava le nuvole. Allora, conclusa la relazione sono intervenuto con una mozione d'ordine, chiedendo di sapere se il dibattito era aperto a tutti i partecipanti che formalmente ne avevano il diritto oppure no.
Angeletti mi ha risposto a nome di tutta la presidenza di no, parlavano solo gli oratori concordati preventivamente dalle segreterie... A questo punto ho detto che fare una riunione sulla democrazia ed escludere preventivamente chi è in dissenso, anche se avrebbe tutti i diritti di intervenire, è una precisa rappresentazione di ciò che si vuole fare.
Ero solo in quella sala a non essere d'accordo, che paura avevano di sentire le mie ragioni per 5 minuti? Ma non volevano proprio sentirle e quando la mia indignazione mi ha spinto a dire alle loro facce ipocritamente sorridenti che si dovevano vergognare e che in fondo la loro intolleranza corrispondeva a quello ha stavano decidendo sulla rappresentanza, cioè la cancellazione del dissenso, sono esplosi.
Ho visto una mano che cercava di staccare la corrente dal microfono, mentre diversi segretari confederali mi si avvicinavano e cominciavano a spingermi giù dal palco, uno di loro mi sussurrava di preoccuparmi per la mia salute. Interveniva il servizio d'ordine che a spintoni mi accompagnava fuori dalla porta della sala. Se non fossimo stati in una riunione degli esecutivi CGIL CISL UIL si sarebbe detta una scena di violenza.
Ripeto io avevo formale diritto a parlare in quella sala, ma quel diritto non mi è stato negato per caso.
L'accordo sulla rappresentanza che CGIL CISL UIL stanno definendo con la Confindustria è infatti un brutale atto di normalizzazione autoritaria delle relazioni sindacali. Esso stabilisce che il diritto alla rappresentanza ce l'hanno solo coloro che preventivamente accettano quell'accordo. Cioè puoi partecipare alla misurazione della rappresentanza e alle elezioni delle rsu solo se accetti la flessibilità e le deroghe ai contratti e soprattutto se ti impegni a non scioperare se in disaccordo. Esattamente quanto è avvenuto alla Fiat di Marchionne, che ora viene esteso a tutti.
La nuova rappresentanza sindacale seleziona preventivamente chi ha il diritto alla democrazia e chi no. È il tavolo che che decide chi rappresenta i lavoratori e non sono i lavoratori che scelgono chi li rappresenta al tavolo.
È come se la riforma elettorale del governo Letta stabilisse che alle prossime elezioni politiche potranno partecipare solo coloro che votano oggi la fiducia al governo delle larghe intese. Non vorrei che l'accordo sindacale gli suggerisse l'idea.
D'altra parte tutto questo è in perfetta sintonia con l'impianto politico del governo appena varato, in un certo senso ne rappresenta il versante corporativo. CGIL CISL UIL e Confindustria varano oggi il governissimo delle parti sociali. Ma il fatto più grave non è neanche questo. Il fatto più grave è che chi non è d'accordo non ha più né diritto di parola né diritto di rappresentanza.
Questo è il fatto enorme, enorme è la sopraffazione che si sta organizzando e che, come sempre, per riuscire ha bisogno del silenzio. Che viene alimentato dalla solita stampa di governo, che ora esalta la ritrovata unità sindacale. Quando invece quella di oggi è l'esatto opposto della unità sindacale degli anni 60 e 70. Quella apriva la via alle conquiste del lavoro e della democrazia, quella includeva. Questa subisce e accetta le regole imposte dal mercato e dalle imprese, riduce la democrazia, esclude.
Per questo bisogna fare tacere ogni voce di dissenso.
L'accordo sulla rappresentanza è troppo scandaloso perché lo si conosca veramente. Deve passare attraverso la rappresentazione politica mediatica che ne cancella i contenuti reali. Le voci fuori dal coro sono pericolose...qualcuno potrebbe accorgersi che il re è davvero nudo.
Per questo non ci fermeremo e continueremo a spiegare con tutte le forze che abbiamo cosa è davvero il porcellum sindacale e perché bisogna combatterlo.

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NO AL GOVERNO NAPOLITANO-BERLUSCONI di G. Cremaschi



di Giorgio Cremaschi
dal sito nazionale della Rete28Aprile


Alla fine l'anno fatto. Il governo senza alternative, che deve essere accettato per forza perché così vogliono il Presidente della Repubblica, le parti sociali, l'Europa, la Conferenza Episcopale e tanti altri ancora.
Negli ultimi venti anni PD e PDL, in tutte le differenti versioni, hanno chiesto voti e sostegno nel nome dello scontro tra loro. Chi non stava con il centrodestra era un sostenitore dei comunisti, chi non stava con il centrosinistra era amico di Berlusconi. Tutte le diversità e i dissensi erano bollati come complici dell'avversario. 

sabato 27 aprile 2013

FIRMATO ACCORDO CGIL CISL UIL E CONFINDUSTRIA SULLA PRODUTTIVITA'




Intanto che aspettiamo l'accordo sulla rappresentanza, CGIL CISL E UIL firmano l'accordo sulla produttività.
Vi invito a leggerlo e sopratutto ad apprezzare le note esplicative dell'accordo di Bonanni ( le trovate sull'edizione cartacea di Conquiste del Lavoro del 25 aprile 2013, vi allego la sintesi on line)


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Un altro segnale di concretezza da parte delle parti sociali che stamattina hanno siglato un accordo per dare attuazione al decreto sulla detassazione del salario di produttività.

L'intesa sottoscritta tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria prevede due nuove modalità per estendere l'area di applicazione della detassazione attraverso un ampliamento della pratica contrattuale: 1) accordi a livello di singola impresa, anche dove non ci sono rappresentanze sindacali, tra le federazioni territoriali di categoria e le aziende assistite dalle articolazioni territoriali di Confindustria; questi accordi sono applicabili a tutti i dipendenti; 2) accordi territoriali che diano la possibilità di applicare la detassazione ai lavoratori che effettueranno prestazioni di orario diverse da quelle abitualmente praticate in azienda; questa seconda tipologia di accordi si muove sul piano dell'opportunità non essendo di natura vincolante. Un'intesa che soddisfa la Cisl e che rappresenta un'evoluzione dell'accordo del 28 giugno 2011, con l'obiettivo di portare più salario netto ai lavoratori e di favorire anche nelle piccole imprese, prive di rappresentanza sindacale, la pratica della contrattazione e la possibilità di introdurre elementi di innovazione organizzativa attraverso un uso più mirato del sistema degli orari.


A spiegarlo, in una nota, è il segretario generale della confederazione di via Po, Raffaele Bonanni, aggiungendo che si tratta di un accordo "che cerca di dare un percorso comune agli interessi dei lavoratori e delle imprese nel segno di una maggiore competitività del nostro sistema industriale e di maggiori opportunità salariali per i lavoratori".

"E' importante sottolineare - conclude Bonanni - la firma unitaria di un accordo finalizzato a far crescere la contrattazione di secondo livello sia in termini quantitativi che qualitativi". "Confidiamo che questo accordo possa dare un quadro di riferimento più certo e più sereno allo sviluppo della contrattazione nei prossimi mesi, confermando il ruolo delle parti sociali e della contrattazione stessa come elemento fondamentale di coesione sociale e fattore di competitività e di sviluppo".


(24 APRILE 2013)


Semplicemente: quello che era uscito dalla porta ( l'accordo non sottoscritto dalla CGIL a novembre 2012) è rientrato più piccolo dalla finestra.


D.

Accordo sulla rappresentanza con Cisl e Uil: riflessioni di Delia Fratucelli



In merito ai contenuti del possibile accordo sulla rappresentanza che la Cgil vorrebbe fare assieme a Cisl e Uil e che trovate qui, pubblichiamo due brevi riflessioni della compagna D. Fratucelli


Cari compagni e compagne, vorrei fare due considerazioni immediate e banali all'accordo sulla rappresentanza.

1) mentre il padrone ha tutte le armi di ricatto in caso di rottura del patto di esigibilità, che armi hanno i lavoratori se i patti non li rispettano (in parte o in toto) i padroni? 

2) poniamo che avvenga un voto (con quali garanzie?) su un accordo/contratto, e vincano i favorevoli. Vuol dire che sui temi di quell'accordo non si potrà più scioperare fino alla scadenza dello stesso. Tanto vale che le RSU e il sindacato in quel comparto si diano alla produzione di prodotti ortofrutticoli, sicuramente più utili e graditi dai lavoratori, e con l'indubbio vantaggio di non farsi insultare come braccia rubate all'agricoltura 


D.

VIVA IL PRIMO MAGGIO DI LOTTA! ABBASSO IL CONCERTONE!


dal sito nazionale della RETE28APRILE


Mai come ora il Primo Maggio dovrebbe essere un giorno di lotta e solidarietà nel quale, lavoratrici e lavoratori, pensionati, disoccupati, precari ricordano le loro sofferenze e angosce. (...)
Magari con il vestito della festa e con un bicchiere di vino, ma assieme e contro. Contro la devastazione della crisi e contro i suoi responsabili.
Cosa c'entra con tutto questo il concertone a Roma? Nulla, proprio nulla.
Con tutto il rispetto per chi canterà, e anche per chi è stato escluso, il concertone del Primo Maggio è un evento mediatico che oggi serve solo ad offuscare il significato profondo che oggi più che mai propone questa data. Che infatti questo anno come non mai verrà vissuta in una miriade di incontri e manifestazioni, dalle grandi città ai piccoli borghi. Manifestazioni dove spesso ci saranno canzoni e cantanti, senza le televisioni e i grandi nomi dello show business di sinistra.
Spesso ci si scandalizza della regressione culturale di un Paese che non conosce più le proprie radici, quelle della Resistenza e delle lotte del lavoro. Ma non ha senso questo lamentarsi, se poi ci si fa rappresentare da manifestazioni che possono anche essere piacevoli, ma che quelle radici coprono nel magma indistinto dello spettacolo televisivo . 
Da tempo penso che CGIL CISL UIL, così come sono organizzate e dirette, siano parte della crisi politica e non della sua soluzione. 
L'incapacità delle grandi confederazioni di uno scatto conflittuale di fronte al disastro sociale in atto, l'aggrapparsi a vecchi riti istituzionali mentre si dovrebbe solo organizzare la rabbia sociale, tutto questo trova nel concertone che copre il Primo Maggio una rappresentazione ufficiale. 
Per questo aboliamolo e basta. So bene che così non si risolvono certo né la crisi economica né quella dei grandi sindacati, ma almeno si dà un piccolo segnale che non tutto è sempre immutabile. 
E poi ci sono sempre Sanremo e Xfactor. 

NO AL GOVERNISSIMO SINDACALE di G. Cremaschi



di Giorgio Cremaschi
dal sito nazionale della Rete28Aprile


Il direttivo nazionale della CGIL ha dato via libera, con la sola opposizione della rete 28 aprile, alla stipula del patto sulla rappresentanza. Che bello, diranno gli ingenui, finalmente c'è la democrazia sindacale. Bè, non è proprio così. L'accordo che si prefigura si basa sullo scambio tra diritto alla rappresentanza e esigibilità degli accordi. Che vuol dire in concreto? Facciamo un esempio.(...)

Nel 2010 alla Fiat di Pomigliano Sergio Marchionne impose una accordo gravemente lesivo delle condizioni e delle libertà dei lavoratori. Quel patto fu accettato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali, delle rsu e dei lavoratori con un referendum. La FIOM comunque rifiutò quello che definì giustamente un ricatto, non accettò il pronunciamento maggioritario e si mise a contestare l'accordo per via sindacale e legale; e per questo fu esclusa dalla rappresentanza sindacale in Fiat e i suoi iscritti discriminati sul lavoro.

Con il nuovo accordo sulla rappresentanza tutto questo non succederà più.

La parola magica è esigibilità, termine del più puro sindacalese che oggi significa che chi vuol sedersi al tavolo della rappresentanza con i padroni deve preventivamente assicurare loro che cosa fatta capo ha.

Si azzera il sistema esistente e si riparte da capo. Ai tavoli dei contratti nazionali partecipano solo le organizzazioni che rappresentano più del 5% degli iscritti. A quelli dei contratti aziendali le rsu e i loro sindacati. L'accordo è valido quando la maggioranza dei sindacati o delle rsu lo sottoscrive. La consultazione dei lavoratori, non obbligatoria ma auspicata, può esprimere il suo giudizio finale. Ma cosa c'è allora che non va? L'esigibilità.

Per accedere a questo sistema si deve infatti sottoscrivere prima la rinuncia a contestare gli accordi che non si condividono.

Se in un contratto nazionale o aziendale si aumenta l'orario di lavoro, si abbassano le qualifiche, si toglie ai lavoratori il diritto ad ammalarsi, e se la maggioranza dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori accetta, la minoranza non può più opporsi. Non può fare sciopero, non può andare in tribunale, non può neanche tutelare quei lavoratori che non ci stanno. Altrimenti è fuori.

Questo il succo, CGIL CISL UIL firmano con la Confindustria e così impegnano tutte le proprie organizzazioni e i propri delegati a rispettare il principio della esigibilità. Chi non ci sta è fuori. E gli altri sindacati? Se non ci stanno sono fuori e per starci, lo ripeto, devono preventivamente firmare che accetteranno qualunque accordo.

Ovunque ci sia una lotta o un ribellione vera allo sfruttamento, il sindacato dev'essere preventivamente esigibile. Già oggi succede, perché le lotte sindacali più importanti e partecipate della Lombardia, Trenord e S.Raffaele, vedono CGIL CISL UIL ostili ed estranee, come accade alla lotta dei lavoratori migranti della logistica e a tanti altri.

Però il problema degli accordi separati è superato. Tutti gli accordi sono preventivamente unitari perché non esiste più il diritto a non firmare ciò che non piace. Si supera il problema del dissenso cancellando il diritto a dissentire. Come la Fornero che ha superato la divisione tra chi è o non è tutelato dall'articolo 18, togliendo l'articolo 18 a tutti.

Questo accordo costituisce un esproprio di quella tanto auspicata legge sulla rappresentanza, che avrebbe dovuto finalmente garantire ai lavoratori il diritto alla democrazia sindacale, mentre invece realizza una privatizzazione corporativa di questo loro diritto.

Del resto questo è ciò che le "parti sociali" ricercano su un piano ben più ampio.

I gruppi dirigenti di CGIL, CISL e Confindustria hanno visto travolti dalle elezioni i rispettivi progetti politici. Le presidenziali, con la catastrofe del PD, hanno scatenato l'angoscia tra i quadri della CGIL, i cui più anziani hanno già vissuto la crisi del PCI e la distruzione del PSI.

Quindi la spinta ad affermare: che c'entriamo noi con la crisi politica noi siamo il sindacato, è fortissima. E sarebbe anche una buona cosa se fosse il segno di una volontà di rinnovare le pratiche della rappresentanza e del conflitto sociale. Ma CGIL CISL UIL escono da venti anni di concertazione, di moderatismo rivendicativo, di istituzionalizzazione. Tutta la struttura è stata selezionata da queste basi. Come si fa a cambiare?

Così ci si aggrappa ad una Confindustria anch'essa colpita da crisi di rappresentanza ed efficacia. E si rilancia il patto corporativo tra i produttori, che oggi più che mai è prima di tutto una patto di sopravvivenza tra grandi burocrazie in crisi.

Così, mentre tutti i riflettori dell'informazione sono concentrati sul governissimo di Giorgio Napolitano, CGIL CISL UIL e Confindustria stanno definendo il governissimo sindacale.

La CGIL aderisce al patto sulla rappresentanza con il concorso determinante di Maurizio Landini. Senza il suo apporto la segreteria di Susanna Camusso non avrebbe avuto oggi la forza politica di andare avanti. Perché?

Si sprecano le analisi di retroscena.

Ma questi dietro le quinte hanno però il difetto di nascondere la scena principale. Maurizio Landini ha dato speranza e coraggio al mondo del lavoro, acquisendo fama e prestigio, con il no a Pomigliano, non firmando un accordo accettato dalla maggioranza dei sindacati e dei lavoratori. Ora quel no diventa un si attraverso l'accettazione della esigibilità. Maurizio Landini ha il dovere di spiegare questo ribaltamento della sua posizione e di quella della FIOM, senza sotterfugi, senza inutili sprechi di retorica.

In ogni caso contro questo accordo che normalizza e centralizza autoritariamente tutte le relazioni sindacali, bisognerà lottare. Tutte le forze e le esperienze sindacali che non ci stanno debbono organizzare la disobbedienza, il contrasto, la crisi del patto corporativo sulla rappresentanza.

Un regime sindacale degli esigibili, quando su tutti pesano i danni e i ricatti della disoccupazione di massa, è un altro macigno che precipita sul mondo del lavoro, bisogna reagire subito.


COMDATA: PRECARI CONDANNATI A PAGARE


dal Manifesto del 23 Aprile

TAGLIO BASSO - CALL CENTER -
IN QUATTRO AVEVANO FATTO CAUSA AL COLOSSO COMDATA


Precari condannati a pagare 
la sentenza scandalo a Torino


DI MA. RAV. - TORINO

«Quattromila euro di spese legali vi sembrano pochi?», si chiede Salvatore, assunto nel 2007 nella sede torinese del colosso dei call center Comdata. Prende fiato, poi racconta la sua storia: «Guadagno poco più di mille euro al mese, la mia mansione non corrisponde al livello professionale, che è inferiore rispetto ai compiti da customer care e rispetto a quanto riporta il contratto nazionale delle telecomunicazioni. Mi occupo, in particolare, di reclami istituzionali, svolgo attività di analisi e verifica. L'azienda di adeguamenti non ne vuole sapere, lo ha detto anche ai sindacati. Così, ho deciso insieme ad altri colleghi, dopo anni di onorato servizio, di fare causa alla società, ma il giudice del Lavoro ha respinto le nostre istanze. E per di più ci ha condannato al pagamento di una cifra pari a quattro miei stipendi. Significa stroncarmi».

Salvatore è uno dei tre lavoratori condannati dal Tribunale del Lavoro di Torino: due avevano chiesto un adeguamento e un altro aveva richiesto il reintegro, dopo due anni di contratti di somministrazione. «In un incontro avuto nel febbraio dello scorso anno con le Rsu e le organizzazioni sindacali, l'azienda aveva escluso qualsiasi forma di accordo che venisse incontro alle nostre richieste e che avrebbe potuto evitare il ricorso legale», spiega Vincenzo Graziano, dipendente Comdata e sindacalista della Cub, che insieme a San Precario segue il Collettivo di lavoratori.

«Quattromila euro è una cifra che non ha precedenti nelle cause di lavoro in questo Paese», ripetono i lavoratori . Alberto è uno di quelli a cui la vertenza, dopo le condanne dei tre colleghi, è stata messa in stand-by, lavora nella commessa Eni. «Offriamo un servizio sociale indispensabile, ci occupiamo di gas, luce e acqua. Di perdere una causa lo metti in conto, ma una cifra tale da pagare no. La sentenza ha un carattere politico, intimidatorio».

Nella sede Comdata di Torino lavorano 450 dipendenti da quasi 10 anni e l'età media è superiore ai trent'anni, con incarichi anche di elevata professionalità, non corrispondente allo stereotipo del lavoratore di call center, che lo vorrebbe giovanissimo e in attesa di altra collocazione. «Comdata come molte altre aziende del settore - sottolinea Graziano - non è una boita da sottoscala, ma una società con dimensioni e fatturati da diverse centinaia di milioni di euro. Il gruppo Comdata ha 19 sedi operative sparse sul territorio nazionale, continentale, di recente ha aperto una sede a Buenos Aires e il fatturato per il 2010-2011 è stato di 259 milioni di euro. Non regge il motivo della condanna dovuta al fatto che le richieste di adeguamenti avrebbero messo in difficoltà il gruppo».

Anche Gianluca aveva fatto ricorso, lavora dal 2005 in Comdata, dal 2007 alla commessa Eni. «Il customer care è un servizio di assistenza al cliente, un lavoro un tempo svolto dalle stesse aziende poi esternalizzato, tagliando anche sportelli al pubblico. Come addetti dobbiamo avere competenze tecniche e amministrative, non forniamo solo informazioni».

martedì 23 aprile 2013

Decisione GRAVISSIMA al Direttivo Cgil


Il governissimo in Cgil: via libera all'accordo sulla rappresentanza con Cisl Uil e Confindustria.


Decisione gravissima del direttivo della Cgil (sito R28A)

Oggi (22 Aprile 2013) al direttivo nazionale della Cgil, via libera all'accordo sulla rappresentanza con Cisl, Uil e Confindustria. La Cgil accetta il principio che contro accordi firmati a maggioranza non si può più scioperare, pena la perdita del diritto di partecipare alle elezioni della Rsu. E' una decisione che accetta tutte le pregiudiziali di fondo di Cisl e Uil, coperta dalla foglia di fico di una generica promessa del voto dei lavoratori e delle lavoratrici.

Questa svolta avviene con l'accordo di tutte le componenti e le anime della Cgil, da Camusso a Landini, dalla maggioranza congressuale a La Cgil che vogliamo e Lavoro e società. Solo la Rete28Aprile dice NO.

Domani ulteriori notizie e valutazioni.


18 Maggio: coordinamento nazionale RETE28APRILE

Care/i compagne/i,

il Coordinamento nazionale dell'area "Rete 28 aprile - Opposizione Cgil" è convocato per il 18 maggio a Roma nella sala Simone Weil della Cgil nazionale (C.so d'Italia, 25) a partire dalle ore 10,00 (puntuali). La riunione terminerà alle ore 14,00 per consentire la partecipazione alla manifestazione nazionale indetta dalla Fiom.

Come di consueto, la riunione del coordinamento è aperta alla partecipazione delle compagne e dei compagni dell'area.

L'esecutivo provvisorio della R28a, allargato alle/ai compagne/i della R28a componenti i direttivi nazionali delle categorie Cgil o i direttivi regionali confederali, è convocato aRoma per il giorno 9 maggio a partire dalle ore 10,00 puntuali per terminare entro le 14,00, per consentire la partecipazione all'Incontro pubblico su rappresentanza e democrazia sui luoghi di lavoro organizzato dal Forum diritti lavoro. La sede di questa riunione sarà comunicata quanto prima.

Cari saluti.

lunedì 22 aprile 2013

NO AI 4 ESUBERI ALLA COMITAL



Siamo 4 lavoratori dichiarati in esubero su oltre un centinaio di lavoratori attivi nella Comital di Volpiano (TO). 


La Comital, azienda nel settore metalmeccanico con i marchi Cuki e Domopac, ha intrapreso dal 2008 una ristrutturazione aziendale del gruppo. Dal 1° febbraio 2010 nello stabilimento a Volpiano ha cessato l’attività su alcune linee, inserendo illegittimamente in quel percorso alcuni lavoratori senza l’utilizzo dei criteri di legge nella scelta del personale. 

Dopo 39 mesi di casse integrazioni siamo rimasti solo 4 lavoratori; gli altri hanno accettato la mobilità volontaria con gli incentivi economici all’esodo. 

Non siamo stati reintegrati. Non ci hanno permesso di ruotare nel periodo della cassa straordinaria. Inoltre, in questi anni di cassa integrazione l'Azienda ha utilizzato il lavoro straordinario per sopperire alle carenze di organico, anche con il consenso della RSU. Il 2 ottobre 2012 i lavoratori (due assemblee su tre) bocciavano la proposta della FIOM, sindacato di maggioranza, sull’aumento dell’orario di lavoro (in questo modo si sarebbe regolarizzata l’esigenza aziendale del lavoro straordinario in lavoro ordinario!). 

Dal 1° marzo 2013 siamo riusciti a fermare quel percorso condiviso anche dalla FIOM. Con la collaborazione della rete, ci siamo attivati intraprendendo varie iniziative. 

Il 7 marzo abbiamo ricevuto la prima lettera raccomandata con la quale l'Azienda ci informava sul nostro prossimo licenziamento individuale per motivi economici, a partire da maggio 2013. 

Giovedì 18 aprile abbiamo ricevuto la seconda lettera raccomandata con la convocazione alla Direzione Territoriale del Lavoro di Torino come da prassi legislativa. 

Un lavoratore (dei 4) ha accettato l'incentivo all'esodo con la mobilità il giorno 8 aprile 2013. Lo stesso giorno l'Azienda ha inviato una lettera ad un altro lavoratore, come quella ricevuta da noi il 7 marzo, ripristinando sempre e solo 4 esuberi. 

In questo ultimo anno di cassa integrazione lo straordinario è diventato strutturale. Su nostra richiesta (e non della FIOM!), gli Ispettori del lavoro sono intervenuti tempestivamente. La RSU FIOM, chiamata dalla Direzione aziendale, ha dichiarato che i 4 lavoratori non sono fungibili sugli impianti funzionanti in azienda e avrebbero dovuto avere un addestramento particolare. (Dieci o quindici anni di lavoro sugli impianti attualmente in funzione e il livello professionale acquisito non contano nulla?) Il lavoro degli Ispettori sta procedendo. 

Noi lavoratori coinvolti abbiamo anche informato ufficialmente il Segretario Provinciale della FIOM in quanto nei precedenti anni ha seguito direttamente la Comital e conosce molto bene l'attuale Proprietà. 

Considerando il numero di dipendenti e la carenza di organico, ci sarebbero tutte le condizioni per integrare i 4 lavoratori. 

Venerdì 19 aprile 2013 la FIOM finalmente si è attivata! 

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Torino, 18 aprile 2013
COMUNICATO STAMPA

La Comital ricorre all'articolo 18
per licenziare 4 lavoratori

La Fiom-Cgil rende noto che la Comital di Volpiano ha deciso unilateralmente di licenziare quattro lavoratori (di cui uno gravemente malato) ricorrendo all'articolo 18 dello statuto dei lavoratori modificato dalla riforma Fornero.

Il nuovo testo infatti prevede la possibilità di ricorrere ai licenziamenti individuali, senza l'obbligo di reintegro, per motivi economici. La Fiom-Cgil respinge questi licenziamenti in quanto discriminatori visto che la Comital, che lavora a ciclo continuo (24 ore su 24, 7 giorni su 7) dichiara pubblicamente di essere in una fase di miglioramento e non è quindi vero il fatto che questi quattro lavoratori non possano essere ricollocati in nuove posizioni all'interno della stessa azienda.

Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom-Cgil, dichiara: «In una fase già segnata da molte situazioni di crisi e di perdita di posti di lavoro, questi licenziamenti con tutta evidenza non giustificati appaiono ancora più intollerabili. Chiediamo quindi all'azienda di fare un passo indietro e in tutti i casi non lasceremo nulla di intentato per difendere questi lavoratori».

Ugo Bolognesi, della Fiom-Cgil, dichiara: «Questi licenziamenti sono strumentali e inaccettabili. Apriamo una fase di mobilitazione per rompere il silenzio e dire no ai licenziamenti».


Ufficio stampa Fiom-Cgil
Per ulteriori informazioni
FIOM CGIL TORINO
Ugo Bolognesi – Fiom-Cgil – 337 1051837



domenica 21 aprile 2013

PENSIERI SOTTO LA MOLE: Rodotà secondo Fassino




"La marchiatura di Grillo ha dato un significato molto antipolitico alla candidatura di Stefano Rodotà". Questo secondo Piero Fassino il “perché no” del Partito Democratico all’elezione del professore. Il sindaco di Torino, convinto di parlare con un militante democratico, ha risposto alle domande di Piero Ricca, che si è finto confuso di fronte al comportamento del partito. “Anche i militanti però hanno esagerato”, aggiunge Fassino, che domanda a sua volta: “Perché quella levata di scudi contro Marini?”. E Napolitano? “Non è mica stupido”, chiarisce Fassino, “non starà mica lì sette anni. Il tempo di fare un governo, perché ormai la gente ci tira le pietre”. Insomma, un altro governo con la fiducia di Pd e Pdl? Intanto, spiega il sindaco democratico al giovane compagno Ricca, “Napolitano ci dà il tempo di ricostruire il Pd. Poi magari si creeranno le condizioni per fare Rodotà Presidente”. 


Dal sito del Fatto quotidiano

LANDINI APRE A FIM E UILM, MA LA DEMOCRAZIA?



Dichiarazione di S.Bellavita. 
Seguono i documenti della Fiom (...)
dal sito nazionale della Rete28aprile


Convocare immediatamente il comitato centrale

La proposta che Maurizio Landini ha avanzato a Fim e Uilm va discussa al Comitato Centrale. Landini ha proposto ai segretari di Fim e Uilm in cambio dei diritti sindacali d'organizzazione la reintroduzione del patto di solidarietà, che regala rappresentanza anche a chi non riceve voti, disdettato nel 2009 a fronte della pesantissima rottura sul contratto nazionale. Sul terreno della democrazia, una testa un voto, la Fiom ha sostenuto una legge di iniziativa popolare, raccolto centinaia di migliaia di firme. Il legame profondo tra battaglia sui contenuti e democrazia è stato il fulcro della nostra iniziativa di resistenza all'aggressione ai diritti del lavoro. Cosa è cambiato ora? Noi o Fim e Uilm? Chiediamo una convocazione urgente del Comitato centrale. 


Sergio Bellavita
Portavoce Rete 28 aprile Fiom


ADESSO BASTA (volantino manifestazione sulla sanità del 18-04-2013)


Pubblichiamo il volantino a cura dei compagni della Rete28aprile Piemonte
distribuito durante la manifestazione regionale sulla sanità a Torino.

LA STRADA COMUNE E DISCORDE DI LANDINI E CAMUSSO VERSO IL PATTO SOCIALE


di Sergio Bellavita 
dal sito Nazionale della Rete28Aprile

La fase di incertezza e paralisi che sembrava prevalere dopo lo choc elettorale si è in realtà rapidamente risolta con un'accelerazione verso un nuovo patto sociale. Non era scontato che fosse questa la direzione. Lo tsunami politico di febbraio rendeva oggettivamente più complicata l'operazione in corso da mesi per l'adesione formale della Cgil al modello neocorporativo voluto da Cisl,PD e padronato. Un'operazione che faceva fulcro attorno all'ipotesi Bersani presidente del consiglio, un rinnovato collateralismo con un Governo a guida PD e quella legislazione di sostegno indispensabile per sopravvivere ad un sindacato che abbandona il modello democratico e vertenziale affermatosi negli anni settanta. (...) Eppure, nonostante proprio il voto abbia dimostrato l'esistenza di uno spazio vasto di malessere, di rabbia che ha punito e umiliato con il voto chi ha praticato e sostenuto l'austerità e il rigore, uno spazio su cui e con cui agire per riaprire la partita sociale dopo la cocente sconfitta subita con la legislazione del governo Monti che ha cancellato l'art.18 e le pensioni da lavoro, la Cgil ha deciso di proseguire, anche senza (per adesso...) il governo collaterale, sulla strada del patto sociale. La Cgil poteva in sostanza rompere con il palazzo o condividerne la sua crisi. Ha scelto di stare con il palazzo, dimostrando, una volta di più, il pesante grado di subordinazione al PD. La ragione di questa scelta non va ricercata tuttavia nell'esito del voto, né nella drammatica congiuntura economica che falcidia ogni giorno salari,occupazione, aziende. Essa è semplicemente la conseguenza di un'adesione sostanziale a tutte le scelte di Governi e padronato che pure a parole si sono contrastate. Da almeno vent'anni a questa parte si sono assunte cioè tutte le compatibilità e le subordinazioni alla propria autonoma iniziativa a difesa di lavoratori e pensionati: quelle del sistema paese, dell'impresa, del mercato, dell'Europa. Persino le violente scelte del governo Monti su diritti e pensioni non hanno indotto la maggioranza dei gruppi dirigenti a dichiarare battaglia per tentare di impedire che il nostro sistema sociale diventasse, come è purtroppo accaduto, uno dei più brutali di quell'Unione Europea per la cui salvezza ci viene chiesto di sacrificare tutto. 
La drammatica crisi di progettualità e rappresentanza è ciò che davvero unisce i gruppi dirigenti del centrosinistra politico e quelli della Cgil, il centrosinistra sociale. Il centrosinistra politico ha bisogno di un centrosinistra sociale che accompagni le dure politiche d'austerità ed il centrosinistra sociale ha bisogno di riconquistare quella legittimazione formale d'organizzazione nel sistema corporativo di relazioni, sia con Confindustria che con Cisl e Uil, persa con la scomparsa della concertazione. 
La sconfitta delle elezioni politiche del PD è in fondo l'altra faccia della sconfitta sociale della Cgil.
La Confindustria è anch'essa parte di questa crisi. I pesanti colpi di Marchionne e il depauperamento progressivo del sistema industriale hanno costretto i dirigenti della Confindustria ad accettare un sistema che ridimensiona fortemente il ruolo politico e istituzionale della rappresentanza di un padronato che sempre più pensa, anche per l'inconsistenza dell'iniziativa sindacale, che si possa fare a meno di un'organizzazione onerosa e inefficiente. E' così urgente per Confindustria produrre risultati concrete per le imprese associate. 
La stessa Fiom dopo aver abbracciato l'accordo del 28 giugno e abbandonata ogni ipotesi conflittuale contro il modello neocorporativo è estremamente interessata a quanto accade sul terreno interconfederale nei rapporti con Confindustria, Cisl e Uil. E' evidente che a quel livello si definisce quali saranno i termini del rientro della categoria nel sistema nascente, non dimentichiamolo, frutto degli accordi separati. Lo scontro Landini Camusso è quindi legato al prezzo che la Fiom dovrà pagare per rientrare. Non a caso la segreteria nazionale Fiom cerca di trovare un accordo di categoria con Fim e Uilm prima che si chiuda il cappio di un'intesa confederale che potrebbe essere pesantissima. Per questo obbiettivo ha reso disponibile la reintroduzione del patto di solidarietà nelle elezioni Rsu che regala rappresentanza in via pattizia a Fim e Uilm a prescindere dal voto dei lavoratori, patto disdettato nel 2009 a fronte della rottura sulle politiche contrattuali. Sta lavorando a chiudere i contratti nazionali oggi aperti, accettando in sostanza il modello contrattuale separato del 2009. Così come nel rapporto con Federmeccanica lavora a ridurre giorno dopo giorno le distanze, sia attraverso la contrattazione nei grandi gruppi, sia con una contrattazione tesa a migliorare il contratto separato del 2012 senza metterne in discussione l'applicazione e la legittimità. Così tutta l'agenda sindacale, persino negli appuntamenti calendarizzati, è divenuta variabile dipendente delle diverse trattative in corso.
Tanti interessi divergenti e convergenti spingono tutti i soggetti verso il patto sociale della miseria, come giustamente è stato battezzato da Cremaschi.
Ma su cosa si gioca davvero l'ipotesi di patto sociale? Non certo sulla democrazia nei luoghi di lavoro. Non certo sulla difesa del Contratto nazionale dalle deroghe accolte con l'accordo del 28 giugno 2011. Non nella crescita dei salari, umiliati dalla contrattazione di restituzione in corso e da un modello contrattuale separato, ormai condiviso nella pratica, che impedisce qualsivoglia recupero del potere d'acquisto dei salari. Non certo contro la precarietà, ormai accettata come condizione generale. Non certo nel blocco dei licenziamenti, nemmeno chiesto dalla Cgil, davanti al perdurare di una crisi economica senza precedenti. 
Il continuo scambiarsi messaggi in bottiglia dei diversi attori, attraverso gli interventi sulla stampa, le interviste, i convegni, quando non i ripetuti incontri formali ed informali e le ripetute trattative non trattative testimoniano proprio lo stato di estrema agitazione, confusione e fretta che circonda la discussione sul patto. Come sempre tutto è ammorbato dall'utilizzo della “terminologia dell'ovvietà e delle buone intenzioni”: meglio l'unità che il conflitto; chiudere i contenziosi e le rotture; solidarietà; affrontare la crisi;partecipazione; salvare fabbriche e occupazione ecc ecc. 
L'obbiettivo dei padroni, del centrosinistra ma anche di parti rilevanti del centrodestra è in realtà uno solo: ricomprendere la Cgil e la Fiom nel nuovo modello neocorporativo.
Farlo in maniera organica in modo da impedire tentennamenti o ambiguità dei gruppi dirigenti sindacali nell'applicazione sociale e contrattuale delle politiche d'austerità. Il patto oggi metterebbe la parola fine su tutto il contenzioso che ha diviso la Cgil da Cisl e Uil e, parimenti, la Fiom da Fim e Uilm nell'ultimo decennio, comprese l'accettazione di tutta la legislazione contro il lavoro. Non è un caso che più nessuno parli di art.18 e pensioni. Con buona pace di chi, sull'art.18, negava la sconfitta e si affidava ad un referendum scomparso nel nulla.
C'è tuttavia, nelle pieghe di una discussione talvolta incomprensibile, il punto vero, l'obbiettivo strategico per il padronato Italiano. Tutto ruota intorno alla cosiddetta esigibilità degli accordi aziendali,un meccanismo per cui sindacati e lavoratori che sottoscrivono un'intesa non possono più scioperare per tutta la durata della stessa. Un meccanismo del tutto simile a quello imposto da Marchionne prima alla Chrysler negli Usa, poi in Fiat in Italia. Sarebbe la cancellazione cioè di ogni potere contrattuale dei lavoratori a favore di quello corporativo di organizzazione e quindi d'azienda, un altro passo del progressivo autoritarismo che sta riducendo giorno dopo giorno i livelli di democrazia sostanziale in questo paese, riscrivendo così la Costituzione e il diritto di sciopero. Non è accettabile lo scambio democrazia per esigibilità. Il voto dei lavoratori, importantissimo, non può essere la foglia di fico o peggio il viatico per la cancellazione del potere sindacale.
Un'ipotesi inquietante.
Su questo punto non v'è alcuna differenza tra i diversi soggetti, alcuna contrarietà emerge. Eppure tutti sanno che questo è un punto imprescindibile in un'ipotesi di patto sociale. Forse è proprio questa la ragione per cui non si solleva alcuna opposizione, in un modo o nell'altro a tutti serve il patto. 
Non sappiamo quale potrà essere l'evoluzione della situazione sul terreno politico, aspetto non indifferente in questa vicenda. Il quadro è fortemente instabile e ogni scenario, compreso quello di un nuovo ricorso alle elezioni politiche non è da escludere. Tuttavia saranno solo i tempi a poter variare, non certo l'esito nefasto senza una mobilitazione sociale straordinaria che dica in maniera netta e inequivocabile No al patto sociale. A partire dalla costruzione di una piattaforma generale del mondo del lavoro e del non lavoro, unificante, capace di parlare davvero alla condizione concreta degli uomini e delle donne, non quella ipocrita rappresentata nei convegni che rimuove quanto è accaduto negli ultimi anni, che parte esattamente dai bisogni. I bisogni, quelli negati e quelli da ri-conquistare, devono tornare al centro dell'iniziativa. Questo è il compito a cui siamo chiamati, senza indugio alcuno.

giovedì 11 aprile 2013

Ricordando la Tatcher - Intervista a Giorgio Cremaschi



Intervista su Liberazione on line a Giorgio Cremaschi che, nel 1985, portò la solidarietà della Fiom ai minatori gallesi - Dal sito nazionale della RETE28APRILE


sabato 6 aprile 2013

QUANTI OMICIDI DI AUSTERITÀ ANCORA PER RISANARE I CONTI? di G.Cremaschi



di Giorgio Cremaschi 

dal sito nazionale della Rete28Aprile



Romeo, Annamaria e Giuseppe si sono uccisi uno dopo l'altro a Civitanova Marche. Come per i morti sul lavoro, non c'è alcuna tragica fatalità nella strage che ha visto autodistruggersi una intera famiglia di sessantenni. Fanno bene i dirigenti della CGIL Marche a rompere il solito velo di ipocrisia che copre questa e le altre tragedie che si susseguono. Questi tre poveri morti sono vittime delle controriforma Fornero delle pensioni. Si può dire tutto quello che si vuole, ma se il lavoratore non avesse subito quella terribile condizione di non avere né lavoro né pensione a 62 anni, una età per cui se perdi il lavoro per il mercato sei già morto; se a questa sua condizione non si fosse sommata quella della pensione di fame della moglie, e se tutto questo non si collocasse nel massacro dell'austerità, non ci sarebbe stata la terribile catena di suicidi che oggi ci lascia una rabbia tanto profonda quanto impotente. 

giovedì 4 aprile 2013

IL RINNOVO DEL CONTRATTO DELLA LOGISTICA




IL RINNOVO DEL CONTRATTO DELLA LOGISTICA
TRA INCAPACITÀ CONFEDERALE E NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI LAVORATORI  

di Massimo Chiesi



Lo scorso 31 dicembre è scaduto il CCNL "Logistica Trasporto Merci e Spedizione". Il rinnovo precedente (ottenuto unitariamente dal punto di vista sindacale) aveva visto un importante successo politico-sindacale relativo all'inclusione nella "filiera" produttiva del CCNL, la cooperazione. Con modalità che come "CGIL che vogliamo" avevamo criticato. Un rinnovo che si era chiuso con un aumento di 122 Euro in 4 trance ed una tantum di copertura per carenza contrattuale di 150 Euro in due trance. 

Nonostante questo successo politico-sindacale dell'inclusione dei soci-lavoratori delle cooperative del trasporto merci, logistica e spedizionieri, le tre organizzazioni sindacali di categoria, avevano concesso un'apertura clamorosa ai padroni sul tema degli appalti alle cooperative: attraverso la firma di un avviso comune con i padroni, infatti, si sancì: 

<<[...] Le parti ritengono che l’obiettivo di ricondurre a livelli fisiologici la competizione delle aziende evitando gli abusi nella gestione degli appalti possa essere raggiunto affiancando al principio della responsabilità solidale del committente, il potere in capo al committente stesso di esercitare un reale controllo sui doveri dell’appaltatore rispetto ai quali è chiamato a rispondere in maniera solidale. Il riscontro del rispetto di tutte le formalità e le regolarità previdenziali e contrattuali, da eseguirsi precedentemente alla stipula dell’appalto e da monitorare successivamente, deve comportare l’esonero della responsabilità solidale in capo al committente. 
Le parti chiedono al Governo l'emanazione di un provvedimento con le seguenti caratteristiche: "nell'ambito di quanto previsto dall'art. 29 del D.lgs. 276/2003 e dall'articolo 35 della L. 296/06 va introdotta una procedura che se attivata dall'impresa appaltante nell'ambito di una tempistica predefinita, la esoneri dalla responsabilità in solido. In particolare la procedura dovrà prevedere che l'impresa committente chieda all'impresa appaltatrice i seguenti documenti: elenco nominativo dei lavoratori, corredato da codice fiscale, impiegati nell'appalto, la documentazione attestante l'avvenuto versamento delle ritenute fiscali relative ai soggetti impiegati nell'esecuzione dell'appalto, la documentazione attestante l'avvenuto versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi relativi ai lavoratori impiegati nell'appalto attraverso l'elenco del nominativo dei lavoratori utilizzati nell'appalto, l'ammontare delle retribuzioni corrisposte ad ogni singolo lavoratore, le indicazioni dell'aliquota contributiva applicata ed i relativi importi versati nonché il documento unico di regolarità contributiva (DURC) secondo cui i versamenti devono essere riferiti anche ai lavoratori impiegati nell'appalto. Nel caso in cui la procedura sopra individuata sia rispettata integralmente, il riscontro, salvo illeciti penali, della documentazione di cui sopra, in sede di contestazione, esonera il committente dalla responsabilità solidale per i lavoratori impiegati nell'opera e indicati nella documentazione fornita.>> 

In sostanza si aprì la strada all'eliminazione della cosiddetta responsabilità solidale. 

Lo scorso giugno (2012) è stata presentata una piattaforma per il rinnovo del CCNL, come detto in apertura, scaduto il 31 dicembre 2012. Definire quel documento come una piattaforma (6 pagine compresa l'intestazione) è veramente troppo. In quel documento non si è trovato neanche la "forza" di scrivere una cifra di rivendicazione economica: <<[...] Si chiede per il triennio 1 gennaio 2013 – 31dicembre 2015, un aumento della retribuzione mensile al livello 3s, che consenta il pieno recupero del potere di acquisto del salario>>! Insomma niente. A fronte della richiesta di inserire nel CCNL anche i driver (anch'essi prevalentemente soci di cooperativa). 

Il tavolo della trattativa si è aperto il 7 novembre 2012. Indovinate un po' qual è la prima richiesta padronale avanzata in quel tavolo? L'eliminazione della responsabilità solidale.... ovvio e conseguente, no? 

Per il momento la risposta delle tre organizzazioni sindacali di categoria della triplice è stata unitaria sul no. Ma il problema principale è che nella "piattaforma", CGIL-CISL-UIL, non rivendicano nulla. 

I padroni al contrario avanzano richieste su richieste... 28 punti presentati di cui i più "interessanti" sono: 

· l’aumento dell’orario di lavoro (da 39 a 49 ore settimanali); 
· l’abolizione della quattordicesima mensilità per i neo assunti; 
· la possibilità di diluire la tredicesima e quattordicesima mensilità in ratei mensili per tutti; 
· il congelamento degli scatti di anzianità; 
· il dimezzamento delle ore permesso (“R.O.L.”) e l’abolizione di altre ore di permesso meglio note come Ex F.S.; 
· la diminuzione delle giornate di ferie (da 22 a 20); 
· l’estensione fino a 4 ore della “pausa pranzo”; 
· il progressivo smantellamento del pagamento dei primi tre giorni di mutua; 
· l’attacco al nastro lavorativo delle 8 ore giornaliere.

Queste richieste sono, per i tre sindacati confederali, delle provocazioni.....! 

In questo contesto si è inserita un'importante novità. Che non arriva dalla CGIL, ma arriva dal S.I. Cobas: organizzazione sindacale che con il passare del tempo si è ben inserita nel contesto della cooperazione, la nuova frontiera dello schiavismo legalizzato. Con un'importante iniziativa preparatoria (assemblee di lavoratori e lavoratrici delle cooperative molto partecipate in contemporanea in 9 città italiane di domenica) ed un grandissimo lavoro sul campo dei comitati nati in appoggio allo sciopero, le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative sono riusciti a bloccare le grandi aziende del settore e non solo lo scorso 22 marzo. Molte aziende del settore (DHL, TNT, SDA, ecc.) hanno bloccato l'attività. E ci sono state ripercussioni anche nei giorni successivi. 

Protesta rivolta a quel tavolo delle trattative per il riconoscimento delle richieste dei soci lavoratori attraverso una piattaforma (quella sì la si può chiamare così) rivendicativa ambiziosa e di rilancio per il settore della cooperazione, ma anche per tutto il settore. 

Credo che la FILT CGIL debba cercare un dialogo ed un fronte comune di lotta con i lavoratori e le lavoratrici di settore, incluso le cooperative (ovviamente!) e quindi i sindacati che sono su questo terreno con l'obiettivo di invertire la tendenza della trattativa che sta volgendo preoccupantemente al peggio. 

Massimo Chiesi

mercoledì 3 aprile 2013

Il VENTOTTINO: IL PROBLEMA DI MARCHIONNE



Sergio Marchionne si è quasi raddoppiato i guadagni, mentre la Fiat ha perso il trenta per cento della produzione e quasi altrettanti posti di lavoro. Problema: quanto guadagnerà l'amministratore delegato se la sua azienda chiuderà del tutto?

I SAGGI DELLA POLITICA MALATA


di Giorgio Cremaschi
dal sito nazionale della Rete28Aprile


La politica dovrebbe essere lo strumento con il quale si sceglie tra diverse opzioni.

La politica democratica dovrebbe far sì che le scelte compiute siano consapevolmente condivise dalla maggioranza dei cittadini.

La commissione di saggi nominata dal Presidente della Repubblica potrà anche essere definita, scomodando Fantozzi, una boiata pazzesca.
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