di Lorenzo Mortara
Rsu Fiom-Cgil Rete28Aprile
Pubblichiamo questo articolo che appare nell'ultimo numero di RadioFabbrica (foto).
Marchionne ha promesso
un’altra volta di riassumere tutti i 5000 dipendenti di Mirafiori.
Per intanto li manterrà in cassa integrazione almeno fino all’inizio
del 2015, quando con un miliardo di investimenti produrrà un SUV
della Maserati, per quel polo del lusso che dovrebbe finalmente
proiettare nel terzo millennio la Fabbrica Italiana Automobili
Torino.
Per i
suoi giornali, Mirafiori è salva, per Landini un po’ meno, perché
non conosce «stabilimenti
con 5000 operai che stanno in piedi con un solo SUV. A spanne, almeno
la metà non rientrerà al lavoro».
Per farli rientrare tutti, ci vorrebbe almeno un altro modello,
quello che potrebbe portare l’Alfa Romeo, se solo non fosse
implicata nella complicata operazione della fusione di FIAT con
Chrysler. Sembra, infatti, che Marchionne, per arrivare a mettere le
mani sull’intero pacchetto azionario di Chrysler, abbia mezza
intenzione di utilizzare, come merce di scambio, qualche modello
dell’Alfa. A dare l’allarme è stata niente meno che la FIM
torinese, preoccupata perché «Bob
King (leader del sindacato americano UAW, nda) potrebbe essere
interessato ad avere più lavoro in cambio di un prezzo migliore per
la quota detenuta dal fondo in Chrysler».
Il
41,5% delle azioni che a Fiat mancano per controllare interamente la
ditta americana, sono in mano al VEBA, il fondo sanitario del
sindacato. Per acquistarle Marchionne dovrebbe sborsare i 5 miliardi
di dollari richiesti. Marchionne vorrebbe uno sconto del 20% e
pagarne solo 4. È in questa differenza che si gioca la partita della
quotazione in borsa di Chrysler. Marchionne per 5 miliardi ha
invitato il UAW a comprarsi un biglietto della lotteria, ma è più
probabile che messo alle strette, a giocare d’azzardo, alla fine
sia proprio lui, scaricando tutto il peso dell’operazione
sull’altra metà dei dipendenti di Mirafiori, offrendo il “loro”
lavoro agli operai del UAW.
Così,
mentre Marchionne continua a ricattare i lavoratori di entrambe le
sponde dell’Atlantico, Fiat ha chiuso il secondo trimestre con un
utile tra i 4 e i 4,5 miliardi di euro: +9%. E polarizzando la
situazione alla FIAT, con tutti gli utili da un parte e le perdite
dall’altra, Marchionne forse non ha più nemmeno bisogno di un polo
del lusso per Mirafiori, perché è già riuscito a creare l’unico
che conti: il suo.
Se
questo è il quadro che si profila all’orizzonte, Mirafiori non è
affatto salva, anzi la situazione resta piuttosto critica.
Toccherebbe alla Fiom, forte del suo imminente ritorno, per quanto
formale, raddrizzare le sorti dei lavoratori. Purtroppo, i piedi
della Fiom che varcheranno presto i cancelli della FIAT, non marciano
all’unisono con la sua testa. Questa è ferma alle stesse illusioni
che l’hanno già messa alla porta tre anni fa. La linea è sempre
quella, pretendere un “vero piano industriale” da Marchionne e
convocare un tavolo di discussione con le Istituzioni perché, “a
conti fatti”, un SUV non basta. Le poche righe sopra esposte, ci
mostrano invece che la realtà è un’altra. Non ci sarà mai un
vero piano industriale che salvi i profitti di Marchionne e i salari
degli operai. Tanto più se ad attuarlo dovessero essere i
rappresentanti politici dei padroni. È ai lavoratori che bisogna
rivolgersi, se solo la Fiom riuscisse a vederli. Quando riuscirà a
scorgerli, la Fiom capirà che a conti fatti anche un SUV può
occupare tutta Mirafiori. Basta che anziché strapparsi dalle mani il
lavoro, lei e il UAW, si uniscano per dividerselo, dimezzando
l’orario a parità di salario. Ecco l’unico piano sindacale che
occorre per Mirafiori e per il quale ci batteremo, perché anche la
matematica, o è proletaria o è solo un’opinione.
Stazione dei Celti,
Settembre 2013
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