domenica 31 marzo 2013

REPORT RIUNIONE DEL 22 MARZO 2013 di D. Fratucelli

La Mole Antonelliana di Torino dove si è svolta la riunione


di Delia Fratucelli


Il rischio che si corre quando si è un numero ristretto di compagni, attivi in pochi posti di lavoro, è quello scambiare la propria realtà soggettiva per quella generale; diversamente non si può partire che da quello che si è, sia per svolgere un’analisi sia per fare un programma d’iniziative.
Noi siamo un piccolo gruppo di lavoratori comunisti torinesi, presenti in alcune realtà aziendali piccole e grandi. Questi anni di crisi economica, organizzativa e sindacale hanno radicalmente segnato tutte le nostre realtà, ma in modi profondamente diversi. Siamo un fotogramma di un mondo del lavoro del nordovest in crisi. Abbiamo fatto la scommessa di formare la RETE28APRILE-OPPOSIZIONE IN CGIL, perché pensiamo che l’esperienza dell’Area LA CGIL CHE VOGLIAMO, si sia esaurita, anche a livello torinese, dove almeno aveva provato a decollare.
Da questo mese dobbiamo provare a fare un salto qualitativo, anche semplice nelle sue norme come scegliere di vederci e discutere con regolarità, conferirsi degli incarichi e degli obiettivi.
Possiamo e dobbiamo essere più presenti, con del nostro materiale sul sito nazionale della R28A, ovunque ci sia un contratto, un accordo, una vertenza che ci riguarda, anche non direttamente, dobbiamo informarne il sito, perché metta la notizia in onda.
Dobbiamo imparare a fare sindacato senza delegare e senza aspettare che “esperti”, prendano per noi le decisioni e le iniziative, possiamo anche sbagliare, e sbaglieremo senz’altro, preparandoci a pagare il conto degli errori, ma non esiste un gruppo sindacale che voglia diventare “dirigente”, ma io preferirei dire “determinante”, che non si sperimenti con cantonate varie e assortite, e poi gli errori possono essere contenuti, se ci impegneremo in un confronto costante. Uno dei limiti, non il più rilevante, della maggioranza dei quadri della CGIL, (soprattutto quelli under 50) è la loro scarsa qualità, dovuta sia a un fattore storico - in questi decenni non ci sono state lotte sociali tali da essere formative -, sia alle modalità di cooptazione e formazione; per una volta l’essere stati esclusi dall’attività istruttiva e conformante della CGIL, è un grande vantaggio, controbilanciato dal discapito di non avere neanche un compagno in apparato.
Cosa possiamo fare a Torino, che serva per creare, anche in forme limitate, aggregazione e coscienza di classe, che permetta di farci conoscere ed anche sperimentarci con le contraddizioni e smottamenti che la crisi porterà in casa CGIL?
Da una parte dobbiamo continuare, forse con maggiore precisione e incisività, a fare la nostra battaglia nelle nostre categorie, ma non è sufficiente e sarebbe anche molto logorante e frustante.
Dobbiamo trovare attraverso una discussione collettiva, un tema che giudichiamo imprescindibile per la lotta di classe dei prossimi anni, e su quello lavorare collettivamente. Me ne vengono in mente diversi, alcuni più tradizionali, altri probabilmente più audaci, provo a citarne un paio come esempio: il tema dello sfruttamento, chiamato dai padroni, e dal ciarpame intellettuale e sindacale “produttività”, possiamo mettere questo tema al centro del nostro agire, modulandolo attraverso seminari, iniziative generali e di categoria; un tema temerario è quello delle fabbriche e dei posti di lavoro “recuperati”, argomento difficile, ma prima di scartarlo dovremmo, seriamente ragionarci e valutarlo.
Indipendentemente dai temi e iniziative che giudicheremo imprescindibili per la nostra attività, abbiamo bisogno di decidere alcune modalità di discussione, decisione e verifica che ci impegnino tutti collettivamente. Queste scelte devono partire da oggi, possono poi sempre essere integrate o modificate nelle riunioni future. Ma adesso è ora di partecipare, scegliere, lottare, e che ci sia di buon auspicio, la giornata di lotta domani in valle, sarà dura anche per noi.

22 marzo 2013.

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