lunedì 30 settembre 2013

YKK TERAMO: QUANDO LA LOTTA PAGA


Pubblichiamo sul blog del Piemonte questo articolo sulla situazione dell'YKK di Colonnella perché direttamente collegata con le vicende della consociata di Vercelli.

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dal sito nazionale della Rete28Aprile


Il leitmotiv della YKK Snap Fasteners Italia S.p.A. facente capo al gruppo multinazionale YKK Corporation con sede a Tokyo (Giappone) credo sia lo sfruttamento del lavoro. 
L'insediamento dell'azienda nel territorio di Colonnella (TE) avviene nel 1990 in seguito a delle commesse di bottoni, rivetti e chiodi per jeans arrivate nel limitrofo stabilimento ascolano del medesimo gruppo e che non potendo evadere, in quanto l'azienda ascolana produce altro articolo e cioè cursori per cerniere, decide di stabilirsi nel comune della Provincia di Teramo, ottenendo contributi a fondo perduto per le aree disagiate della cassa del mezzogiorno e rilevando una fabbrica fallita e dismessa per le speculazioni di quel territorio.

Una volta insediatasi, ai dipendenti venne applicato il c.c.n.l. dei tessili (a differenza dello stabilimento ascolano e di Vercelli dove si applica da sempre il c.c.n.l. dei metalmeccanici), contratto collettivo non affine alle lavorazioni del sito produttivo che invece svolge tutte lavorazioni di tipo metalmeccanico. Nel 1999 la YKK di Colonnella decide di attuare una riduzione di personale licenziando 4 dipendenti per giustificato motivo oggettivo (soppressione del posto di lavoro) lasciando sul lastrico i lavoratori coinvolti, tra cui il sottoscritto, alla sola indennità di disoccupazione al 40% della retribuzione per sei mesi; il sindacato Filtea Cgil reagisce, rivolgendosi alla Magistratura del lavoro, ma si vedeva rigettare il ricorso per condotta antisindacale e ai lavoratori non rimaneva che resistere fino a marzo del 2004 per essere reintegrati con sentenza del Giudice del Lavoro del Tribunale di Teramo, poi confermata presso la Corte di Appello dell'Aquila. In seguito alla reintegra i lavoratori licenziati organizzati per via sindacale intraprendono un lungo braccio di ferro per l'applicazione del c.c.n.l. dei metalmeccanici (trovando resistenze persino dentro al sindacato), ottenuto nel gennaio del 2008 dopo lunghe trattative sfociate negli scioperi e a cui è seguita una vertenza per differenze retributive ex art. 36 della Costituzione davanti al Tribunale del Lavoro di Teramo, in decisione a fine anno. Non è sembrato vero alla multinazionale quando nel giugno del 2012 il Parlamento ha approvato la riforma dell'art.18 cosiddetta legge Fornero, tanto che a cominciare da Luglio annuncia una riduzione di personale del 20% dell'organico in forza, per complessive 12 unità lavorative. Inizia così di nuovo una lunga trattativa, anche istituzionale, comprensiva della scandalosa proposta, per evitare il licenziamento, di andare a lavorare in Turchia. Anche questa volta i lavoratori reagiscono con scioperi spontanei, fino a che la ditta dopo un verbale di mancato accordo stipulato in Provincia decide ostinatamente di inviare 10 lettere di licenziamento ai propri dipendenti, tra i quali figurano la R.s.u. della Fiom nonché membro del direttivo provinciale di Teramo, un iscritto alla Fiom ed un iscritto Cobas. L'unico raggio di sole in questa ultima vicenda filtra dalla Giustizia del Lavoro di Teramo che ha infatti disposto di "rinnovare la procedura di mobilità avviata con lettera in data 4 ottobre 2012 e di reintegrare nelle more il lavoratore Impiccini Luciano, sino all'esito di tale procedura, nel posto di lavoro precedentemente occupato, con riconoscimento della qualità di R.s.u." La sentenza, frutto anche della partecipazione e direzione dei lavoratori, che invio in allegato, rappresenta un valido motivo di riflessione nella parte in cui il giudice osserva l'incidenza della legge Fornero sulla reintegrazione disposta dal giudice in osservanza dell'art.28 della legge 20 maggio 1970 n°300 (statuto dei lavoratori); difatti, nella legge n° 223 del 1991 sulla mobilità la ditta resistente ha puntualmente eccepito come la riforma Fornero (legge n°92 del 2012) preveda per vizi di procedura la sola tutela risarcitoria abrogando la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Per questi motivi credo vada fatta una riflessione critica al sindacato che ha preferito portare durante la discussione parlamentare, davanti a Montecitorio, un manipolo di delegati solo per mera testimonianza anziché organizzare, come ad esempio aveva fatto lo stesso sindacato a direzione Cofferati, uno sciopero generale con 3 milioni di lavoratori in piazza. Intanto, martedì, si è svolto presso la Confindustria di Ascoli Piceno l'incontro congiunto delle direzioni aziendali dell'YKK Mediterraneo di Ascoli Piceno e dell'YKK Snap Fasteners Italia S.p.A.di Colonnella, con le rispettive R.s.u. assistite dalle segreterie Fiom, Fim e Uilm di Ascoli Piceno e da Fiom e Uilm di Teramo. La riunione ha fatto seguito al primo incontro svoltosi l'11 settembre nel corso del quale l'YKK aveva annunciato la volontà di procedere alla fusione per incorporazione delle attività della gemella teramana con Ascoli Piceno che comporterà il trasferimento dei lavoratori e il relativo smantellamento dello stabilimento di Colonnella.

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