venerdì 16 maggio 2014

SUL CONGRESSO CGIL di Sergio Bellavita


di Sergio Bellavita


È probabilmente stato il congresso nazionale più breve e meno intenso della lunga storia della Cgil.
Anticipato da una tre giorni “Le giornate del Lavoro” di dibattiti con ministri, sottosegretari, Cisl, Uil e gli amministratori delegati della Bayer, di Trenitalia e della Vodafone, l'assise congressuale che concludeva il lungo percorso del XVII congresso si è sostanzialmente ridotta alla gestione degli adempimenti di rito. 
La discussione e il confronto tra tutte le diverse posizioni in campo durante il congresso non si è neppure aperta. Non è un caso che proprio la commissione elettorale, incaricata di costruire proposte per l'elezione di tutti gli organismi dirigenti e di garanzia della Cgil nazionale sia stata quella più carica di tensioni, mentre la commissione politica non abbia sostanzialmente lavorato, almeno in maniera collegiale. Grazie alla scelta, a maggioranza, della commissione elettorale di fissare per le ore 9.30 del secondo giorno di lavori il termine per la presentazione delle liste per l'elezione del massimo organismo Cgil, il congresso si è sostanzialmente aperto e chiuso subito, precludendo cosi, per chi le avesse ( non noi), ogni aspirazione a conclusioni unitarie. Se a quel punto è apparsa scontata la conclusione del congresso su tre liste alternative e tre documenti politici di certo non si poteva immaginare un finale tanto dirompente. Mentre Susanna Camusso nelle sue conclusioni chiudeva ogni spazio al pluralismo interno, agitando nuovamente la soluzione disciplinare per i non allineati, ancora non si era concluso lo spoglio che avrebbe, inaspettatamente, assegnato alla lista Landini capeggiata da Ciro D'Alessio, delegato Fiom di Pomigliano, e alla nostra, un risultato ben superiore ai delegati di appartenenza eletti. Circa 50 delegati/e su 953 ( pari al 5.2%) si sono spostati e non sono certo poca cosa nella platea dei quadri ultra selezionati giunti sino al congresso nazionale. Il fatto più clamoroso della coda congressuale è stato tuttavia la sospensione dei lavori per circa due ore dopo la dura protesta di Landini e della nostra area sull'elezione degli organismi di garanzia. La commissione elettorale aveva infatti pensato, nonostante la decisione dei rappresentanti degli emendatari e del sindacato è un'altra cosa di non entrare in nessun organismo, se non fossero state cancellate le discriminazioni, i veti su alcune candidature messi dalla maggioranza e se non fosse stato rispettato pienamente il pluralismo, di procedere comunque al voto in plenaria. Ed è proprio in plenaria che scoppia la rissa verbale che impone alla maggioranza di rivedere la proposta. Questa volta la trattativa sulla composizione degli organismi è direttamente seguita dalla segretaria generale. Occorreranno tuttavia due ore per rimuovere tutte le pesanti e inaccettabili preclusioni che impediscono l'accordo sull'elezione degli organismi di garanzia che, per essere tali, dovrebbero essere ovviamente condivisi dalle minoranze. I compagni e le compagne che componevano la pattuglia del Sindacato è un'altra cosa hanno deciso di dare battaglia incrociando così quella di Landini. Questa battaglia comune ha portato entrambi a ottenere quanto richiesto. Per la nostra area ciò ha significato conquistare una presenza anche nel collegio statutario, nel comitato garanzia isole e Sud che prima la maggioranza non era disposta a concederci. Definito l'accordo le commissioni sono state elette praticamente all'unanimità. Il voto per l'elezione della segretaria generale ha confermato la crescita del dissenso registrata nel voto per il direttivo. Susanna Camusso raccoglie ,su 151 aventi diritto, 105 voti a favore, 36 contrari e 2 astenuti. Il dissenso va pertanto al di là persino della somma della nostra contrarietà, certa, e di quella degli emendatari ( che tuttavia possiamo solo presumere non essendoci stata alcuna dichiarazione di voto). Una stima non ufficiale ci dice che dei 29 componenti del direttivo nazionale all'opposizione della Camusso, solo 22 erano presenti ed hanno votato. Ben 14 componenti dell'area Camussiana , pari al 9% ,avrebbero nel segreto dell'urna espresso così il loro malcontento. Sebbene non sia indifferente comprendere da quale categoria o territorio provenga questo dissenso, crediamo che la cosa più importante sia quella di cogliere potenzialità e segno politico dello stesso. Si tratta di capire se nel prossimo periodo questo malpancismo, che potrebbe avere diversi segni: da destra per chi non ha gradito l'attacco a Renzi, la gestione del congresso e le eccessive concessioni a Landini sulle commissioni o da sinistra rispetto a contenuti e gestione dell'accordo del 10 gennaio sulla rappresentanza, sfoci in qualcosa di più. Il congresso di Rimini ha segnato il rafforzamento di Landini e il conseguente indebolimento di Susanna Camusso rieletta con il 70% di consensi a fronte di un documento congressuale che aveva raccolto il 97.5%. Davanti alle telecamere che trasmettevano in streaming l'assise di Rimini il peso politico e sociale di Landini ha costretto la maggioranza ad una contrattazione che non voleva in alcun modo. Un fatto inaspettato, considerato l'evidente fallimento della scelta di cambiare la linea della Cgil con gli emendamenti che lo stesso Landini ha scelto solo pochi mesi fa. Segno di una contraddizione che permane dentro il corpo della Cgil e che ha impedito di cancellare il dissenso e il pluralismo. Un fatto che può nel prossimo periodo, se allo scontro interno si coniuga la costruzione del conflitto sociale contro le politiche del governo e del padronato, fare la vera differenza nella battaglia in Cgil.

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