venerdì 1 novembre 2013

AFFARI D'ORO DI BONANNI



Checchino Antonini su Liberazione
commenta Salvatore Cannavò su Il Fatto

L’articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano (“Cisl, gli affari d'oro di Bonanni con la pubblica amministrazione”), nel quale si evidenziano le relazioni economiche tra la Cisl, proprietaria di alcune società, e molti enti pubblici e aziende private, pur con sintesi giornalistica descrive in modo articolato quanto l’USB va dicendo da anni. Il pezzo, scritto da Salvatore Cannavò, ex vicedirettore di Liberazione, prende le mosse dalla «ritirata strategica» iniziata dalla Cisl nel corso dell’estate per cercare di allontanare il nome del suo leader Bonanni da quello di alcune aziende.
In ballo un vero e proprio conflitto di interessi per chi, sulla carta, dovrebbe difendere interessi del tutto diversi, quelli dei lavoratori. Si tratta di una serie di dismissioni di quote azionarie in attività di viaggio e turismo, della cancellazione della cooperazione internazionale ma, soprattutto, della marcia indietro nella gestione della società più importante del mondo Cisl: Eustema. Eustema, così racconta Cannavò, nasce a fine anni ‘80 su iniziativa di tre giovani ingegneri di area Cisl che andarono dall’allora segretario, Franco Marini, per chiedere sostegno nell’avvio di una struttura, allora innovativa, di ingegneria informatica, allestimento di software, realizzazione di siti web e gestioni integrate per aziende pubbliche e private. Si cominciò con una joint-venture con la società leader del settore, la Olivetti, e la stessa finanziaria della Cisl, la Finlavoro. Quell'azienda è cresciuta fino ai 43 milioni di fatturato del 2012, con clienti come A2A, Adr, Bnl, Agenzia del Demanio, Comune di Roma, Consiglio di Stato, Enac e Enav, Ferrovie dello Stato, Guardia di finanza, Ibm, Inail e Inps, vari ministeri, Poste Italiane, Telecom Italia e molte altre. E la Cisl è tutt’altro che secondaria tra i sindacati della Funzione pubblica. Già nel 2011, Cgil, Cisa e Usb dell’Inps denunciarono un possibile “conflitto di interessi o almeno una questione etica”. Nel 2010, come scrive Cannavò, iniziano una serie di operazioni finanziarie. Viene costituita una struttura ad hoc, Innovazione lavoro Srl cui viene conferito il 33,6% di Eustema. Innovazione lavoro, a sua volta, faceva capo a un’altra struttura, Laboratorio del lavoro, associazione “non riconosciuta” che ha sede a Roma, in via Ancona 20, stesso indirizzo della controllata e facente capo al segretario Cisl, Raffaele Bonanni e al fiduciario del sindacato di via Po per tutte le operazioni finanziarie, Donatello Bertozzi. Nell’agosto di quest’anno, però, Laboratorio del lavoro, in ossequio alla linea di dismissione, vende le proprie quote in Innovazione lavoro a due società, E-World Consultants e Marises srl, che fanno riferimento ai due fondatori di Eustema, Enrico Luciani e Stefano Buscemi, oltre che a fiduciarie emanazione di banche popolari. Quest’ultime, però, a maggio vendono le proprie quote ai parenti dello stesso Luciani. L’incasso della cessione è significativo: 1,5 milioni di euro che Laboratorio del lavoro, assicurano in Cisl, «ha provveduto già a girare nelle casse del sindacato». Si tratta di un introito straordinario importante per il bilancio del sindacato che, nel 2012, ha chiuso con una perdita di 1,13 milioni di euro.
La Cisl dice che si tratta di una compravendita in cui si sono impegnati i dirigenti di Eustema ma ammette che l’azienda inizia a soffrire sul fronte delle commesse pubbliche. Allora perché due dirigenti si assumono un peso così rilevante? La Cisl resta in Eustema con Finlavoro, «detenendo direttamente il 35% delle quote, garantendo, per il momento, la presenza e l’accesso a eventuali dividendi. Grazie ai quali, Finlavoro può registrare a bilancio immobilizzazioni finanziarie per 1,6 milioni di euro di cui oltre un milione detenuto in fondi di investimento». Restano la proprietà Cisl di 5000 sedi e la partecipazione a un’altra struttura «inconsueta», la Marte broker, società di brokeraggio assicurativo posseduta al 50% con il Gruppo Gpa che tra i clienti vede oltre 700 tra Enti locali, Aziende sanitarie e ospedaliere, Società di Servizi pubblici (il Comune di Bologna, le regioni Emilia Romagna, Marche e Sicilia, il Ministero della Salute, le province di Livorno e Bologna, le autorità portuali di Salerno e Savona, le società di trasporto pubblico di Milano o di Firenze, l’università di Pavia o la Scuola superiore S. Anna di Pisa).
«Quei sindacati che abbracciano la filosofia economica basata sul “libero mercato” non possono che entrare direttamente nel mercato. Se lo fanno con aziende proprie, non possono che cercare di trarne profitto, magari trattando la forza lavoro come qualsiasi altra azienda. E se poi fanno affari con aziende o pubbliche amministrazioni nelle quali hanno una rappresentanza sindacale dei lavoratori, allora parlare di conflitto di interessi è forse poco», commenta l'Usb.
«E tutto ciò porta anche a dire che le stesse politiche, generali ed aziendali, attuate da questi sindacati sono fortemente condizionate dal reciproco interesse di far funzionare economicamente le aziende, le organizzazioni sindacali e le aziende delle organizzazioni sindacali. In tutto questo, chi ci rimette sono la trasparenza e i lavoratori. Ma c'è di più: i contratti di lavoro e gli accordi sono ormai pieni di “organi paritetici” ed “enti bilaterali”, che di fatto determinano lo spostamento di ingenti quote economiche verso alcuni sindacati. C’è da chiedersi quanto, mediamente, Cgil, Cisl, Uil e Ugl ricevano delle quote dei propri iscritti e quanto invece vivano di queste altre entrate. E, stimato 100 il costo per le aziende dei rinnovi contrattuali, sarebbe anche da chiedersi quanto venga sottratto in termini economici ai salari dei lavoratori da quegli organismi succitati. Secondo l’USB, questa sarebbe una ulteriore, e forse più interessante, inchiesta giornalistica sulla quale lavorare. Di certo possiamo dire chi ha pagato lo scotto dei passati decenni di politiche sindacali intrise di “compatibilità economiche”, di “concertazione” e di “collaborazione” con governi ed aziende: sono stati e sono le lavoratrici e i lavoratori di questo Paese, sono soprattutto quei 5 milioni di poveri rilevati in questi giorni dall'Istat. Forse lo tsunami che ha investito la politica in questi ultimi anni dovrebbe cambiare direzione ed occuparsi anche di un certo modo di fare sindacato».

Checchino Antonini

Liberazione 30/10/2013

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