lunedì 18 novembre 2013

MA LANDINI MERITA LA GUIDA DELLA CGIL?


Pubblichiamo un articolo di Europa Quotidiano che analizza l'intervista rilasciata a Repubblica da Landini in cui traspare la sua ambizione di guidare in un futuro non troppo lontano la Cgil. Noi gli auguriamo di vincere la battaglia per la leadership del nostro sindacato, ma chi ambisce alla nostra guida non dovrebbe fare la guerra dalla stessa parte del "nemico" (Susanna Camusso) che vorrebbe scalzare, presentandosi all'imminente congresso Cgil con lo stesso documento, ritoccato magari da qualche semplice suo emendamento. Un cambiamento, se è tale, non può essere raggiunto con semplici emendamenti, cioè con piccoli ritocchi che lasceranno in sostanza le cose così come sono. Se si vuole cambiare davvero, bisogna aver il coraggio di mettersi in gioco, rischiando di persona per le proprie idee. Così c'è il rischio che arrivi alla guida della Cgil chi, sbandierando una presunta alternativa, tace il fatto di essere stato fino al giorno prima allineato e coperto con quelli che voleva scalzare. Quella attuale di Landini, non è una tattica da leader, ma da gregario. E anche se glielo auguriamo lo stesso, perché ci sembra comunque tre volte la Camusso, il Landini di oggi non merita la guida della Cgil, per ora può solo ambire a un mesto parcheggio dalle parti di SeL o giù di lì.

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LANDINI PICCONA IL SINDACATO E PREPARA LA GUERRA INTERNA PER IL CONGRESSO CGIL

EUROPA QUOTIDIANO

europaquotidiano.it – Landini piccona il sindacato e prepara la guerra interna per il congresso Cgil. La contrapposizione tra garantiti e non garantiti, cavallo di battaglia di Pietro Ichino, viene ora assunta dal segretario generale della Fiom. Ma perché proprio ora?



«O questo sindacato cambia o è destinato a morire». È un’intervista controcorrente, quella che Maurizio Landini ha rilasciato ieri a Repubblica. La prima, nella quale un leader sindacale italiano dice che così com’è il sindacato non riesce più a rappresentare il mondo del lavoro. «La maggior parte dei lavoratori – ammette Landini – non è iscritto ad alcun sindacato. Ci sono milioni di precari, giovani ma non solo, che non vedono nelle organizzazioni sindacali un soggetto che li possa rappresentare».

La contrapposizione tra garantiti e non garantiti, cavallo di battaglia di Pietro Ichino, viene assunta implicitamente nel ragionamento del segretario generale della Fiom, anche se essa è declinata in maniera diversa: «Dobbiamo rappresentare i precari non solo a parole – dice Landini –. Non possiamo continuare a scaricare su di loro il peso di molti accordi che facciamo». Perciò secondo Landini «280 contratti nazionali sono troppi, basterebbe un contratto e un sindacato dell’industria che preveda le stesse tutele e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni tra tutti i lavoratori». Landini non torna su un tema del nuovo welfare, sul quale però più volte si è espresso, dicendosi favorevole al reddito minimo garantito. Mentre tira fuori dall’archivio il tema delle «pensioni di anzianità per il lavoro di fabbrica, per chi guida i treni, per gli infermieri. Non è un privilegio, ma un diritto».

Al di là del tono picconatore dell’intervista, interessante è la tempistica. Perché ora? Perché proprio in questo momento? Le motivazioni sono due. La prima è che il 12 ottobre Maurizio Landini era in piazza con Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky per difendere la costituzione, definita «la via maestra» per raddrizzare l’Italia. Mentre il 19 ottobre hanno sfilato a Roma i movimenti per la casa, studenti e anche moltissimi giovani che lavorano con contratti a tempo, partite Iva, insomma l’esercito del nuovo lavoro (sbrigativamente ridotti ad «antagonisti», che pure c’erano). Ma mentre la prima manifestazione si è risolta nel solito appuntamento di testimonianza, la seconda ha portato molte più persone del previsto in piazza, anche in polemica con i toni soft di Rodotà e company. E l’ultima cosa che Landini vuole è perdere un’influenza e un contatto con i temi all’ordine del giorno di quel movimento che, per certi versi, lo considera anche un punto di riferimento politico.

Il secondo motivo è più concreto, e riguarda il congresso della Cgil che si terrà entro giugno del 2014. L’auspicio di Landini è che in quell’occasione «si possa svolgere una discussione aperta, che valorizzi tutti i punti di vista». Per questo motivo usare toni così netti serve a segnare un posizionamento in vista della battaglia congressuale che però non deve rimanere trincerata agli addetti ai lavori. «Non c’è solo una crisi della rappresentanza politica ma anche di quella sindacale» ha detto Landini parlando ai delegati a Torino a settembre, spiegando che in vista del Congresso «non c’è bisogno di una discussione nelle segrete stanze ma di un confronto aperto in grado di intercettare le nuove esigenze dei lavoratori», proponendo che nel congresso vengano coinvolti anche i non iscritti, soprattutto i giovani. Ossia un pezzo di società sul quale Landini ha deciso di puntare, per la guerra di posizione interna alla Cgil. E anche, forse, per quella politica.


@nicolamirenzi - Nicola Mirenzi

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