Stamattina (ieri, ndr), nostro malgrado, siamo stati protagonisti del "civile confronto" con uno spezzone dei forconi al presidio organizzato dalla Fiom a Torino davanti alla sede della Regione Piemonte.
Eravamo lì, tra le altre cose, per distribuire il volantino della presentazione di venerdì in via pedrotti del documento alternativo, ma dopo duecento insulti agli operai e trecento invocazioni "all'amico poliziotto uno di noi (sic!)" non abbiamo resistito, e abbiamo riproposto, anche con invidiabili doti canore, il pezzo forte dell nostro storico repertorio: "Bella Ciao".
Siamo molto contenti del fatto che eravamo in prima fila, e che questa iniziativa ci abbia visto promotori, almeno di un tentativo di risposta.
Siamo invece molto preoccupati che il nostro coro sia stato censurato dalla dirigenza FIOM.
Dietro questa censura c'è però, non una diversa sensibilità musicale, ma una diversa analisi e progettualità politica, che si manifesta anche in questi frangenti.
Come ci si confronta con settori di studenti e lavoratori autonomi, che la crisi spinge alla disperazione, ma che sono incapaci di avere progetti politici ed organizzazione realmente anticapitalista? Noi pensiamo che il metodo giusto non sia certo quello di lasciar correre, lasciando in balia dei fascisti i tanti disocccupati, sfruttati e precari che in mancanza di alternative o per ingenuità gli sono andati dietro. Solo rispondendo per le rime alle provocazioni e offrendo un contributo critico potremo strappare ai fascisti e quindi ai padroni i tanti giovani che hanno visto nei forconi una qualche forma di riscatto.
In fondo è sempre il vecchio tema dell'egemonia del proletariato organizzato, così ben analizzato da Gramsci. Rinunciando a egemonizzarlo, o, peggio ancora, cercando di egemonizarlo per tenerlo fermo, la Cgil rischia di lasciarselo sfuggire per poi deprecarlo con sterili moralismi, quando, per la latitanza della sua guida naturale, una fetta grossa della nostra classe si rivolge al suo sostituto più innaturale.
La redazione del blog
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