Sintesi dell'intervento di Giorgio Cremaschi
al seminario del gruppo dirigente CGIL del 2 e 3 settembre.
Credo che la discussione in corso debba uscire dal clima di ipocrisia che mi pare cogliere. Non è vero che una organizzazione va in crisi se si divide su scelte e programmi chiari. È invece un segno chiaro di crisi quando sulle scelte di fondo gran parte del gruppo dirigente si trova d'accordo e poi le divisioni profonde sono su altro. È quello che succede nel partito democratico, a cui gran parte dei gruppi dirigenti di questa organizzazione sono vicini, troppo per me. Il primo atto di trasparenza del congresso dovrebbe dunque essere quello di dichiarare che chi sta sullo stesso documento lo fa perché è d'accordo e non perché lo vogliono l'Europa, Napolitano o l'Onu. (...)
Un sindacato parla innanzitutto con i suoi atti negoziali, e per me gli accordi del 28 giugno 2011 e soprattutto del 31 maggio di questo anno sono decisivi. Chi li approva è giusto che faccia il congresso su una posizione comune, perché quegli accordi al di là della loro attuazione definiscono una strategia sindacale che io respingo.
Susanna Camusso e Maurizio Landini sono d'accordo su queste scelte sindacali di fondo e quindi è giusto che al congresso abbiano una posizione comune. Se poi c'è un conflitto sulla leadership, quello di cui tutti parlano nei corridoi, allora sarebbe meglio che venisse reso esplicito.
Per quanto mi riguarda il dissenso è di fondo.
La logica di questi accordi è l'ulteriore accettazione di tutti i vincoli e di tutte le compatibilità, ai danni del lavoro.
Così l'ultimo testo sottoscritto con Confindustria sulla crescita rappresenta una ulteriore involuzione della politica di concertazione.
La vecchia concertazione era fondata sul tavolo a tre, governo imprese sindacati. Oggi il tavolo diventa a due. Da un lato la politica e le istituzioni, dall'altro le parti sociali, padroni e sindacati, unite.
È la lobby corporativa dei produttori che rivolge le sue richieste alla politica. Per cui il sindacato fa davvero solo le richieste economiche e sociali che convengono anche alle imprese, alla faccia della indipendenza degli interessi del lavoro. Così compatibilità generali e compatibilità delle imprese vengono accettate assieme e il lavoro deve prendere la sua parte quando c'è la crescita, come dice la CISL.
Ecco io penso che qui stia la necessità di una alternativa di fondo al sindacato degli ultimi trenta anni.
Altro che accettere le sanzioni agli scioperi in cambio dei diritti sindacali come si è concordato il 31 maggio.
Penso che in sindacato che voglia rompere la gabbia di disoccupazione precarietà e sfruttamento dentro cui sta oggi il lavoro dovrebbe porsi come ragione fondante la ricostruzione del conflitto a tutti i livelli. Invece che registrare rabbia e rassegnazione impotenti e giustificarsi con la passività diffusa, la CGIL dovrebbe operare per ricostruire le ragioni le occasioni e le modalità del conflitto
Senza conflitto, senza rottura delle compatibilità nessuno dei tanti obiettivi elencati nella relazione di Susanna Camusso è realizzabile.
Occorrono un'altra strategia e un'altra pratica sindacale, che partano dal rifiuto dei vincoli europei, fiscal compact etc..., del pareggio di bilancio delle politiche di austerità. E che allo stesso modo sul piano aziendale rifiutino i vincoli della produttività e della competitività.
Questa è la premessa per la ricostruzione dei diritti e del potere del mondo del lavoro. Dobbiamo essere di parte e non parti sociali.
Questa necessità di una piattaforma strategica alternativa porta me assieme ad altre compagne e compagni a presentare un documento contrapposto a quello di maggioranza nel congresso e voglio definitivamente assicurare tutti coloro che lo chiedono che abbiamo le firme sufficienti per farlo.
Questa deve essere vissuta da tutti come una occasione per discutere sul serio sulle scelte di fondo e anche una occasione per un congresso trasparente.
Siccome ora siamo il tre per cento, non ci sono ragioni di potere che giustifichino i comportamenti negativi dell'ultimo congresso. Si potrebbero davvero fare congressi di base limpidi e in regime di par condicio tra le due mozioni. La maggioranza è così grande che non dovrebbe avere paura.
In ogni caso ci batteremo per un congresso che serva alla ripresa del conflitto da parte del lavoro.
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